La responsabilità del “buon esempio”

di Michelangelo Nasca

“La comunione è un dono gratuito di Dio, e nello stesso tempo una responsabilità affidata  a ciascuno di noi; responsabilità che ci chiede impegno coerenza, sacrificio, rinuncia, uno sguardo di fede e una prospettiva credente autentica. Noi dobbiamo riconoscere questo agire di Dio nella nostra vita ed essere serenamente fiduciosi che Egli non lascia mai soli  gli uomini – per i quali ha mandato suo figlio – non li abbandona in nessun momento della vita, soprattutto  nei momenti più difficili quando la strada si fa più irta e scoscesa”. Con queste parole don Salvatore Priola si è rivolto al corpo docenti della Scuola Teologica di Base (STB) “S. Luca Evangelista”, in occasione del tradizionale momento di preghiera natalizio.

Una riflessione intensa e motivante che il Direttore della STB – con la schiettezza che lo contraddistingue – ha voluto rivolgere a tutti i docenti in prossimità del Natale.
I moderni capovolgimenti culturali e l’indifferenza religiosa che caratterizzano la realtà di questo terzo millennio rendono difficile il cammino di chi è chiamato a testimoniare la fede e a riconoscere nella propria vita l’azione salvifica di Cristo. E’ quanto mai diventato urgente – sottolinea don Priola – “riconoscere che la vita del credente è il vero santuario in cui Dio si epifanizza, senza cadere nella logica dei compartimenti, così diffusa verso tanta parte del Popolo di Dio. La comunione che sperimentiamo come grazia, dono e responsabilità ci deve portare a vivere nella quotidianità il nostro servizio ecclesiale. La famiglia, la scuola, l’ambito del nostro lavoro, la realtà parrocchiale, la Scuola Teologica… diventano luoghi in cui questa comunione originaria si declina”.

Nei passaggi centrali della sua riflessione, il Direttore della STB ricorda il compito di saper offrire una testimonianza credibile dell’amore di Dio, con chiarezza e coraggio, “per passare da una fede creduta a una fede vissuta, da una fede insegnata a una fede che diventa storia, capace di cambiare il mondo e generare vita nuova”.
L’annuncio e la testimonianza del Vangelo non ammettono deroghe, la logica della superficialità non può sostituirsi alla responsabilità che ciascun credente ha di Cristo. C’è un imperativo cristiano che non possiamo far finta di non conoscere, e che non porge il fianco all’omologazione del nostro tempo. “Credo – prosegue don Salvatore – che come Chiesa, nel nostro tempo, ci siamo un po’ «incartati» nel vero senso della parola, siamo diventati una chiesa di carta, e al peso della carta alla lucidità del pensiero teologico, alla coerenza, alla buona sintesi speculativa della teologia ormai divenuta scienza, spesso non segue quello che una volta si chiamava il «buon esempio», ciò che siamo soliti chiamare la testimonianza. E’ necessario passare dalla Chiesa di carta alla Chiesa del buon esempio, dalla brillantezza della teologia elaborata, pensata, indagata, alla fede che diventa respiro e Sangue; Carne, che si fa vita!”.

La responsabilità del “buon esempio” oggi viene spesso dimenticata e banalizzata, si cede il passo a modelli di omologazione comune dove tutti fanno tutto e il contrario di tutto, dimenticando l’esempio di vita buona che la Croce di Cristo ci ha insegnato ad applicare in ogni frammento della nostra esistenza. “Eppure – conclude Priola – noi non possiamo scivolare in questa prospettiva di vita, quella che gioca allo scatafascio; chi segue Cristo non può permettersi di scivolare in questa deriva. Il nostro compito è quello di annunciare lo splendore della Parola di Dio e soprattutto e del buon esempio (fatto di umiltà, genuinità e semplicità ordinaria), per essere capaci di offrire a chiunque (credenti e non) entri in relazione con noi la possibilità di un incontro con Dio”.